Project Description

INDIVIDUALLY TOGETHER

GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, 2021

Basta tristezza, il cancello è chiuso ma funzionante, e questo te lo posso assicurare. E allora si aprirà e sarà l’inizio della vita che si porta con sé i progetti, la voglia di non guardarsi indietro.

Nazario M. (Casa Circondariale di Bergamo)

Dal 2006 la GAMeC di Bergamo coinvolge i detenuti della Casa Circondariale in percorsi dove il museo, con la sua Collezione Permanente e le sue mostre temporanee, diventa agorà di pensiero critico e spazio per l’attivazione di nuovi scenari di senso nell’esistenza di ciascuno.
“Individually Toghether” nasce intorno alla mostra Ti Bergamo – Una comunità (ottobre 2020-febbraio 2021) che, attraverso opere d’arte e produzioni dal basso, immagini fotografiche, filmati, gesti e pensieri di autori che in tempi diversi hanno interagito con la collettività cittadina, entrando così a farne parte, restituisce il cortocircuito emotivo tra il dramma della pandemia e i gesti di solidarietà che ne sono scaturiti, adottando un punto di vista che dal presente volge lo sguardo al passato, per immaginare il futuro.
Una mostra dunque per riflettere non tanto su Arte e Codiv, quanto sul senso di comunità.

Una delle opere in mostra: MASBEDO, Ricordo di un dolore, 2020 (video)

Nel percorso “Individually Together” Patrimonio di Storie ha attraversato un territorio inesplorato, lavorando per la prima volta in un carcere. I detenuti della sezione penale della Casa Circondariale la mostra non l’hanno vista, gli è stata presentata con proiezioni dalle educatrici della GAMeC. Solo le opere in video dei MASBEDO sono state viste integralmente, come negli spazi espositivi. A causa della pandemia il progetto ha subito delle battute di arresto impreviste, durante le quali i detenuti hanno portato avanti la loro riflessione, in attesa di tornare a lavorare insieme a Maria Grazia Panigada nell’intreccio dei loro racconti. Queste interruzioni hanno reso ancora più intenso e necessario l’incontro e il confronto su un lavoro che è stato vissuto in profondità. Ne sono nate brevi narrazioni, talvolta quasi delle poesie. L’urgenza del racconto scaturisce non solo dal rapporto con le opere, ma anche dalla comune consapevolezza che ogni incontro è prezioso, che non c’è tempo da perdere, che si deve cercare di andare subito all’essenziale.

In parallelo a questo lavoro si è svolto un percorso di narrazione con una classe dell’ITCTS “Vittorio Emanuele II”. Gli studenti sono riusciti a vedere la mostra prima del lockdown di fine ottobre 2020, ma il lavoro insieme a loro ha avuto luogo esclusivamente da remoto: ventitré figurine silenziose sullo schermo di un computer, con cui Maria Grazia Panigada ha cominciato a intessere una relazione attraverso la scrittura dei testi, cercando di capire tra le pieghe delle prime, stentate parole, cosa davvero contasse per gli studenti  in questo loro incontro con le opere. I ragazzi questa urgenza l’hanno trovata e profuma di cura, persone care, ricordi, paure e desideri in un tempo che sembra non permettere loro ciò che speravano si potesse realizzare.

Dai due percorsi paralleli sono nate narrazioni intense, ora racchiuse in una guida che accompagna alla scoperta delle opere in mostra attraverso i racconti legati al vissuto di ciascuno.

Leggi tutte le narrazioni

Per uno sguardo di insieme sull’esperienza di “Individually Together” si rimanda alla scheda di progetto di Camilla Rancati, che nell’ambito del Master “Servizi educativi per il patrimonio artistico, dei musei storici e di arti visive” (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano) ha svolto il suo stage in GAMeC.

Qualche estratto dalle narrazioni

Vedo il tessuto della trama,
vedo mani di donne sottopagate che lavorano il cotone.
Vedo un’amica che corre in camera sua e piange sul letto.
Vedo le lettere ricamate in oro, metallo prezioso.
L’oro è materia preziosa, come la morale è preziosa all’uomo.
Vedo ciò che non è perfetto, ma è unico.
Vedo le lacrime di mia mamma durante i colloqui.
Vedo il cuscino in cui riposo, stanco, dopo ore di guida.
Senza cuscino, io non riesco a dormire…

Narrazione di Altin L. su Morbido (Dio conta le lacrime delle donne) di Mariella Bettineschi, 1980

Non un paese, ma tanti paesi. Non una persona, ma tante persone. È mattino presto ed esco per andare al lavoro, prima dell’entrata in ditta inizio a percepire il brusio dei colleghi che arrivano, i loro passi e poi le loro parole, il raccontarsi delle cose accadute la sera prima. Come un mercato che si risveglia piano piano…. Come il suono delle campane nella notte, che sembra scomparire durante le ore del giorno. Lo scorrere delle immagini è accompagnato da suoni nel silenzio assoluto: rumori della città che non senti mai o a cui non fai semplicemente più caso. Il silenzio è la voce più forte che c’è.

Dalla narrazione di Enrico M. su Condivisione di un ricordo di MASBEDO, 2020

La luce illumina di notte, come un sole, la stanza chiusa, come una cella. E io mi sento blindato. Lontano dal desiderio che vorrei avere, ma di cui non posso essere partecipe. Non posso andare dove vorrei arrivare. Vorrei la luce naturale. Ho bisogno di aria. Non posso attraversare questo muro di vetro: ti vedo, ma non ti posso accarezzare. La luce illumina solo me dentro la stanza e questo mi fa sentire ancora più solo. Mi sento ingiustamente blindato e chiedo aiuto ai libri.

Da dentro guardo fuori, oltre la finestra, nella notte. C’è un silenzio totale, gli alberi sono spenti, non vedo nessun soffio di aria, vedo solo freddo. Mi faccio delle immagini nella mia testa. Sento il desiderio di uscire, ma mi pare che sia sempre peggio. Tutto ciò mi spaventa. È una mia immaginazione, ne uscirò. Come la notte nel deserto, quando mi addormentavo e il vento faceva volare la sabbia, smuoveva le dune e la mattina il paesaggio era modificato, c’erano nuove montagne. Vorrei che stanotte si sollevasse un vento forte che potesse cambiare anche questa città. Un vento che faccia tornare la felicità che avevo prima, una bellezza nuova creata dalla natura.

Narrazione di Vicky V. su Living into a bubble di Emiliano Ponzi, 2020

Sono qui, dietro di te. Ti guardo e tu mi stai voltando le spalle, seduta in una posizione comoda e rilassata. Mi verrebbe voglia di sedermi vicino a te ma, al contrario tuo, io ho paura di farmi vedere con qualche difetto sul mio corpo.

Più ti vedo e più penso a quanto vorrei essere te, che ti mostri per quello che sei e non hai paura di sentirti giudicata. Sei qui di fronte a me nel tuo corpo nudo, con le tue forme al vento e i capelli bagnati. Ti sto guardando. Si, ti guardo perché sei coraggiosa, ciò che non sono io; mi vergognerei a mostrarmi, specialmente davanti ad uno sconosciuto, come stai facendo tu ora con me. Semplicemente ti sto ammirando per la bella persona che credo tu sia, ed è questo che mi ha attirata verso di te.

Narrazione di Giorgia Gritti su Diletta di Carolina Amoretti

Ho una cocorita, riesco a prenderla in mano, non scappa. A volte, quando è tranquilla, zappetta sulle mie braccia, sale e cammina sulle mie spalle. […]  C’è voluta costanza, pazienza, dedizione e tempo, tanto tempo. Tutti i giorni stavo anche delle ore con il braccio dentro la gabbia per aspettare che si avvicinasse, a volte il braccio si intorpidiva, ma io stavo immobile in attesa… Bastava un piccolo movimento per farla spaventare e dover ricominciare da capo. Ci sono voluti due o tre anni perché Sky si fidasse di me.

Quando ho visto la fotografia di Dario Catellani ho pensato “questa è mia!”. Quella mano era la mia mano, quella cocorita era Sky. Per un attimo ho pensato che fossimo proprio noi. […]
L’uccello ha la testa girata, sembra guardare in alto, come se qualcosa attirasse la sua attenzione. La mia cocorita quando esce dalla gabbia, che è per lei un posto sicuro, è simile ad un giovane essere umano che si stacca e diventa indipendente dai suoi genitori.

Dalla narrazione di Michelle Riva su Fifì #03 di Dario Catellani (fotografia)

Quante volte sei passato davanti ad una vetrina in allestimento coperta da carta da pacco e non ti ha suscitato nessuna emozione e nessun pensiero? Eppure basta una fotografia a ricordarti che anche una immagine così non puoi considerarla scontata. […]
Forse dietro la carta da pacco la vetrina è già allestita per dare risalto alla merce, ma così “tappata” è inerme, chiusa, come a rispecchiare il periodo che stiamo vivendo. Niente va dato per scontato e anche le cose più consuete nel tuo vivere quotidiano, che credevi piccole ed insignificanti, quando non le trovi, acquistano valore. Uno stuzzicadenti, un piatto di ceramica, delle posate, un semplicissimo bicchiere di vetro, piccole cose scontatissime che in questo luogo in cui vivo assumono un’importanza inimmaginabile.
Nella fotografia intravedi un cancello che, guarda caso, è chiuso, come la vetrina su cui si riflette. Il cancello con le sbarre, chiuso: lascio alla tua sensibilità cosa può significare per me.

Basta tristezza, il cancello è chiuso, ma è funzionante e questo te lo posso assicurare. E allora si aprirà e sarà l’inizio della vita che si porta con sé i progetti, la voglia di non guardarsi indietro.
Una volta tolta la carta da pacco, la vetrina tornerà a vivere: bella, creativa, specchio della vita che riparte.

Dalla narrazione di Nazario M. su Minimum #17 di Mario Cresci, 2020

MASBEDO, Condivisione di un ricordo, 2020 (video)

Mariella Bettineschi, Morbido, 1980 (organza, bambagia, oro, 21x19x3)

22 febbraio 2021: alcune opere della mostra sono portate in Casa Circondariale